A cura di Antonella Albano
Introduzione
Al fine di rendere più chiaro e significativo lo stato emotivo della persona che soffre di demenza di Alzheimer si propone qui di seguito quella che potenzialmente potrebbe essere la visuale introspettiva della persona stessa. Per la stesura è stata utilizzata la scala Global deterioration scale (GDS) di Reisenberg (1982). L’intenzione è quella di non mostrare una griglia nuda e cruda, la cui sintetica essenza porta ad una fredda lettura della situazione, ma quella di rendere chiaro il mio interesse psicologico verso questa patologia, cercando di vivere, per quello che è possibile in pochi minuti, in un corpo con una mente malata. Il soggetto nei panni del quale vi vorrei far vivere è quello di una donna all’esordio della malattia, ha 70 anni, ha dei nipoti e è pensionata. La scelta di queste caratteristiche non è casuale, infatti facendo riferimento alle statistiche ho così rappresentato il soggetto tipo, ovvero quello con maggiore probabilità di insorgenza di malattia.
Sintomi e problematiche quotidiane:
il vissuto personale dall’esordio alla fine, breve escursus.
La demenza di Alzheimer è lenta e inesorabile, è come una goccia cinese, all’inizio è solo acqua fredda sulla testa, ma più il tempo passa maggiori sono le sofferenze che crea.
Tutto ha inizio quando cominci a renderti conto che la tua memoria non ti segue bene come prima, ma non gli dai troppo peso, dopo tutto è “normale” che ad una “certa età” si faccia fatica a ricordare alcune piccole cose. Anche le persone che ti circondano ed hanno la tua stessa età si lamentano ogni tanto di alcune dimenticanze. Te però supponi che ti stia accadendo qualcosa di diverso, ti rendi conto che dimentichi sempre più spesso dove hai messo quel libro o quella maglia, quando tuo nipote ti viene a trovare prima di dire il suo nome ci pensi molto e non sempre viene fuori. Una vocina ti dice che differisci dalle tue amiche, ma non ci vuoi pensare, non ci vuoi credere. Forse è il cambiamento di vita avuto dopo la pensione, si è quello. Non hai più la routine giornaliera, il fisico non è più quello di una volta, tutto fa più fatica, si forse è questo.
Ma piano piano ti rendi conto che capita sempre più spesso che dimentichi dove hai riposto le cose, sono sempre di più le volte che non ti viene in mente quella maledetta parola, ti rendi conto che non sei proprio come le persone che ti circondano.
Più il tempo passa e più la situazione peggiora, ti rendi conto di non essere più in grado di seguire il filo di una conversazione, perdi sicurezza in te stessa, quando fai un intervento ti chiedi se era chiaro, se quello che hai detto era quello che volevi dire, se le parole che hai usato erano corrette. Allora per ovviare a questo problema cominci ad usare un linguaggio sempre più semplice, del quale ti senti sicura. Cerchi di non dare nell’occhio, speri che i tuoi amici e familiari non si accorgano della tua mancanza. Vorresti mettere la testa sotto terra e non vedere il problema. Ma è dentro di te, lo senti anche se fai lo struzzo; è un incubo, più lo vuoi fuggire e più lui esce fuori, ti perseguita.
Pensi che non è possibile, che non può accadere a te, eri qualcuno nel tuo campo, eri considerata una delle migliori. Ti sei sempre tenuta attiva, leggevi. Si leggevi, ora lo fai ancora, ci riesci abbastanza bene, beh mica puoi ricordare tutto, è normale, no? Ma quella vocina che si faceva sentire ogni tanto anche all’inizio è diventata una voce più forte, più incalzante, ti dice che prima eri diversa e che più il tempo passa e più tutto sembra frantumarsi, anche il tuo carattere ne risente, e di questo chi ti è accanto ne ha sentore.
Diventa sempre più difficile nascondere il proprio stato a se e agli altri; la concentrazione è sempre più difficile da mantenere, e se fino a ieri perdevi cosette, ora non trovi più oggetti di valore.
Quando giri per strade nuove perdi facilmente l’orientamento, non sei più in grado di trovare la strada di ritorno, ma nel tuo quartiere te la cavi ancora bene.
Sempre più spesso ti trovi a pensare, cerchi di ricordare qualcosa, la testa la senti vuota, ciò che cercavi non c’è, non vuol venire fuori, ti ostini, eppure ci deve essere, so che prima c’era. La testa pesa e solo dopo alcuni tentativi di ritrovare quel pensiero la senti che fa male, sembra che stia per scoppiare. Continui a cercare, ma nulla di fatto, non c’è.
Inizi ad aver paura a muoverti, a camminare. Quello che dici è chiaro? Te lo chiedi costantemente. No non mi capiscono, ripeto la stessa cosa e loro non rispondono… forse hanno detto… ma io volevo sapere… e ti trovi a ripetere sempre lo stesso discorso e non te ne rendi più conto ma chi ti sta intorno si scoccia, questo lo avverti.
Esci di casa a prendere una boccata d’aria, a comprare il latte (oppure vuoi recarti a giocare nel parco davanti alla tua scuola elementare?). Cammini e ciò che cerchi non è più lì, non lo trovi. In preda alla disperazione cerchi la strada di casa, ma quel negozio prima non c’era, quel palazzo era diverso. Dov’è casa? Dove mi trovo? Disperata , impaurita vaghi per la città ma la tua casa non c’è più. Tra un po’ si farà buio, ma tra quanto, che ore sono? Le macchine mi vengono contro, lampeggiano, perché? Una ragazza gentile si ferma, ti chiede dove abiti… dove? Buio! Ma poi, come un fulmine nel cuore della notte, si illumina il ricordo della via di casa di tuo figlio che ha sempre vissuto lì. Sali sul motorino della ragazza, scomoda ma arrivi. Si quello è il portone, finalmente, che bello, lo riconosco. Ma lei dov’è? Sono sola di nuovo? A no eccola, è vicino al portone sta parlando con qualcuno al citofono. Dopo poco arriva anche mio figlio, come è caro, mi abbraccia, sembra preoccupato, mi sento meglio, ora sono più serena. Parlano per un po’, come è gentile quella ragazza. Dico qualcosa, mio figlio mi sorride poi mi abbraccia di nuovo, parlo ancora la ragazza annuisce e mi sorride, è tanto gentile.
Da quel giorno ti hanno messo un braccialetto, non è estetico, ma non da fastidio, è difficile da togliere. Ti dicono che sopra c’è il tuo nome, l’indirizzo e un recapito telefonico e che lo devi mostrare nel caso in cui ti dovessi perdere. Ma te ne ricorderai? Lo noteranno le persone che ti vengono in soccorso? Il problema serio a questo punto è che non puoi più stare sola, l’autonomia che avevi prima è un lusso che non puoi più permetterti.
Provi rabbia per quello che avevi prima e che ora non hai più.
Ti senti ansiosa ogni volta che ti trovi ad affrontare nuove situazioni; la questione è che ogni giorno, ogni ora, hai un nuovo problema. Cose che prima svolgevi in naturalezza ora è sempre come fosse la prima volta. Ti senti nervosa, diventi aggressiva perché non ti è chiaro cosa stia accadendo (o forse sei convinta di vivere un evento passato nel quale hai provato quelle emozioni?).
Ci sono dei momenti nei quali senti un’angoscia intensa, tutto è nuovo, non conosci (o riconosci?) nessuno eppure ti sono intorno, ti parlano, sono tanti, ma cosa dicono? Cosa vogliono? Perché si trovano in casa tua? Non parliamo delle volte che scopri l’assenza di alcuni oggetti preziosi che prima erano in quel cassetto o su quel mobile, e poi… non li vedi più. I soldi nel tuo portafogli? Non ci sono più. Allora te la prendi con tuo marito… è stato lui a rubare tutto, si è mangiato tutto. Ora quelle quattro cose che ti sono rimaste le nascondi, almeno quelle restano a te… si ma dove le avevi messe? Te le ha rubate tuo marito, queste che ti rimangono le nascondi cosi non può trovarle… e il ciclo continua.
Più il tempo passa e maggiori sono gli scherzi che ti fa la tua testa, la faccenda si fa via via sempre più seria. Senti delle voci, gli altri ti dicono che non ci sono, ma le senti, vedi anche figure che altri non vedono. Arriva ad un certo punto in cui vivi uno stato costante di confusione, quelle poche cose che ricordi e riconosci come tue sono l’unica fonte di sicurezza, quando ti mancano sei perduta, il problema si pone anche quando ci sono e non le riconosci.
Capita sempre più spesso che ti senti diversa dal solito, diventi triste, il morale si abbatte oppure ti deprimi, ogni piccolo insuccesso ti butta giù. E’ già da molto oramai che non ti affidano più incarichi, ti senti inutile. Le persone che ti amano se la prendono sempre con te, le senti sempre nervose, non ne cogli appieno il motivo e ti chiedi il perché. Ti senti diversa, te ne rendi conto, provi anche a comunicarlo, ma quei comportamenti sembrano inevitabili, fuori dal tuo controllo. Non puoi girare sola eppure spesso hai bisogno di pace. Ti dicono che ti devi lavare, ma non l’ho già fatto? Che devi mangiare: ti alzi, vai in cucina, fai un giro, esci, vai in corridoio, entri in salone… la tua poltrona preferita… ti siedi. Poi ti alzi, esci in balcone, trovi una signora, scambi il saluto, senti caldo, ti spogli, poco dopo tuo marito, avvertito dalla vicina ti viene a riprendere, ti riveste con qualcosa di più fresco… ma non dovevi andare a mangiare?
Il telefono squilla, rispondi, ti fai quattro chiacchiere, però simpatica la tipa, ti fa piacere, senti dell’affetto in quella voce calda. Riagganci. Tuo marito ti chiede chi era: non te lo ricordi più, non ricordi neanche che ha squillato il telefono.
Forse a questo punto solo chi ti sta intorno è in grado di descrivere il tuo stato, solo loro sanno cosa ti sta accadendo. No! Che cosa potrebbero dire, neanche loro sanno, dopo tutto non si trovano nella tua testa… ma cosa c’è dentro, o meglio cosa c’è rimasto? Sono molte le cose che non ricordi più, forse troppe. Tutte le volte che ti rechi in bagno c’è sempre quella signora, è tanto gentile mi saluta sempre, si trova lì, dietro quei cosi che se li tocchi esce acqua. Poi ti metti seduta da una parte buona ad aspettare mamma che ti viene a prendere, è da tanto che non la vedi, chissà che fine ha fatto. Passa per te tropo tempo, non la vedi, ti innervosisci, il tipo che ti sta sempre vicino non capisce, non si rende conto che tu vuoi vedere mamma. Allora glielo spieghi, lui ti dice che sono vent’anni che è morta, ma non è vero! Non è possibile! E’ venuta ieri…
Il tempo continua a trascorrere inesorabile, quello che dici non viene più compreso, alla fine non parli più. Non sei in grado di fare nulla: lavarti, vestirti, mangiare bere, espletare le più comuni funzioni fisiologiche. Tutto è diventato per te un’impresa, ma non ti poni più il problema, non c’è nella tua memoria. A fatica ti sposti da una stanza all’altra, a breve passerai dalla sedia a rotelle al letto. Il cervello non sembra più capace di decidere all’istante ciò che deve fare.